infortunio mortale sul lavoro datore di lavoro condannato

Infortunio mortale sul lavoro: datore di lavoro condannato

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Infortunio mortale sul lavoro e datore condannato per mancata predisposizione di misure di sicurezza idonee e per mancato controllo del loro rispetto. Non invocabile l’abnormità della condotta del lavoratore morto precipitando da una tettoia non protetta da assi e sottopalchi.

Il titolare della ditta dove lavorava l’operaio è stato condannato in sede di merito per il reato di omicidio colposo. Il datore di lavoro condannato, in violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, non aveva adottato le misure e i sistemi necessari a garantire l’incolumità delle persone addette. Nel caso di specie, il titolare non aveva predisposto le tavole sopra le orditure, i sottopalchi e gli idonei dispositivi anti-caduta. Da ciò la condanna per aver cagionato, colposamente, il decesso del lavoratore.

Nel rivolgersi alla Corte Suprema, il ricorrente denuncia, tra gli altri motivi, violazione di legge e vizio di motivazione. Stante le dichiarazioni del titolare, questo non era sul posto al momento dell’incidente, né qualcuno lo aveva avvisato dell’intervento che la propria ditta stava per eseguire.

Tuttavia, con la sentenza n. 35846/2021, la Corte Suprema di Cassazione ritiene di non aderire alla doglianza proposta dal datore condannato per infortunio mortale sul lavoro. L’imputato ripropone la questione della abnormità della condotta del lavoratore, invocando una sostanziale rivalutazione di merito non consentita in sede di legittimità. La censura, peraltro, è anche manifestamente infondata laddove mira a escludere la posizione di garanzia dell’imputato per il solo fatto della mancata presenza sul luogo e per non essere stato avvisato dell’intervento.

Cosa si intende per abnormità della condotta del lavoratore?

La responsabilità del datore di lavoro a titolo di colpa specifica dell’infortunio dipeso da negligenza del lavoratore viene meno in caso di comportamento “abnorme” o “esorbitante” del lavoratore. L’abnormità della condotta del lavoratore diviene quindi un fattore interruttivo del nesso di causalità tra l’omissione contestata al datore di lavoro e l’evento. Per comportamento abnorme del lavoratore deve intendersi quindi una condotta imprudente posta in essere del tutto autonomamente e in un ambito estraneo alle mansioni affidategli. Qualora la mansione rientri fra quelle che gli sono proprie, il comportamento deve consistere in qualcosa di radicalmente imprevedibile nell’esecuzione del lavoro.

Si tratta, in ogni caso, di circostanze che di per sé non escludono la responsabilità del datore di lavoro, destinatario delle norme antinfortunistiche. In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, infatti, “il datore di lavoro deve non solo predisporre le idonee misure di sicurezza e impartire le direttive da seguire a tale scopo, ma anche, e soprattutto, controllarne costantemente il rispetto da parte dei lavoratori, di guisa che sia evitata la superficiale tentazione di trascurarle” (Cassazione Penale, Sez. IV, Sentenza n. 32194/2020 del 17/11/2020).

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